NON ESISTE CREDITO IN ITALIA SENZA IL FONDO DI GARANZIA PER LE PMI
Credito alle Pmi. Bitonci: pronta la norma, si parte in via transitoria per il 2024. Investimenti garantiti all’80%, liquidità al 60%, capitale di rischio al 50%. Importo massimo a 5 milioni.
La riforma del Fondo di garanzia per le Pmi, dopo un lungo negoziato, è a un passo dal traguardo. Il confronto iniziato già prima dell’estate sulla base delle proposte del ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) sta però portando a un compromesso, che tiene conto anche delle esigenze di copertura e sostenibilità messe in evidenza dal ministero dell’Economia. Massimo Bitonci, sottosegretario del Mimit che ha la delega per il Fondo, spiega i punti della norma in preparazione, che potrebbe essere presentata come emendamento governativo al “decreto anticipi” o entrare in extremis nel maxi-emendamento alla legge di bilancio. «Siamo in attesa di capire che cosa succederà con il Temporary framework sugli aiuti di Stato in scadenza a fine 2023 che come noto ha fin qui consentito livelli di copertura più generosi rispetto al quadro del 2019. Il governo spera in una proroga annuale ma è più probabile un allungamento di qualche mese, probabilmente quattro, nel frattempo però dobbiamo farci trovare pronti con una riforma strutturale per quando si rientrerà al regime ordinario». In attesa del definitivo disco verde del Mef, diversi punti sono già stati già concordati. Ad esempio la necessità di partire per ora con una riforma annuale, visto che il fabbisogno è già coperto solo per il 2024: 3 miliardi le disponibilità residue. Anche per non sforare questa soglia, rispetto a uno schema iniziale da 3,5 miliardi, il compromesso Mimit-Mef dovrebbe portare a questa griglia di coperture: 50% per il capitale di rischio, 60% per la liquidità, 80% per investimenti, operazioni a importo ridotto, startup, microcredito. Tutto questo senza distinzione per classe di rischio di credito secondo il modello di valutazione del Fondo, ma con l’esclusione della quinta fascia, cioè quella delle imprese più rischiose. «È una soluzione che serve a semplificare - dice Bitonci - lasciando contemporaneamente più spazio di azione alla controgaranzia dei Confidi e delle Regioni stesse che aprono sezioni speciali e operano sulla base del rischio tripartito». Appare comunque chiaro che si sta andando verso un modello meno generoso di quello straordinario consentito dal Temporary framework e basato sull’80% sia per gli investimenti sia per la liquidità nelle fasce 3, 4 e 5 (60% invece per le fasce 1 e 2). «Teniamo conto che la proroga consentirebbe almeno per alcuni mesi di mantenere queste coperture, poi scatterebbe una riforma transitoria verso un Fondo sempre più sostenibile» è la tesi di Bitonci. Dal negoziato con la Ue dipende anche la possibiltà di tenere ferma, anche dopo il Quadro temporaneo, l’attuale soglia di 5 milioni come importo massimo garantito per beneficiario. «Crediamo sia possibile» dice il sottosegretario passando poi in rassegna gli altri punti del progetto Mimit. Il livello massimo delle operazioni di importo ridotto (ammesse senza valutazione del merito di credito) salirà a 50mila euro e 80mila per i Confidi autorizzati. Non sarà prevista la commissione di accesso al Fondo per le micro imprese, mentre le piccole pagheranno lo 0,5%, le medie il 1% e le small mid cap (le imprese non Pmi che hanno fino a 499 dipendenti) l’1,25% del garantito. Proprio il rientro delle small mid cap sotto l’ombrello del Fondo gestito da Mediocredito centrale è stato nei mesi scorsi un punto controverso. Su questo aspetto il compromesso, previa autorizzazione Ue, potrebbe essere un intervento con coperture ridotte (30% per la liquidità e 40% per investimenti e startup) e comunque con un tetto: non si potrà andare oltre il 15% degli accantonamenti.
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© Massimo Bitonci